giovedì 12 dicembre 2013

Live in Brno

Alessandro Fedrigo / Danilo Gallo

nusica.org



C'è una realtá singolare nell'universo delle etichette discografiche italiane: è nusica.org, ha sede a Treviso in Veneto ed è nata da un'idea di Alessandro Fedrigo. Chi frequenta con assiduità questo blog conosce giá le tre produzioni pubblicate da nusica.org ma sopratutto conosce modi e metodi di diffusione delle relative realizzazioni discografiche. È tutto disponibile in rete sul sito dell'etichetta, in formato compresso, nella fattispecie in mp3, corredato dalle relative partiture e tutto quanto è scaricabile a costo zero. Inoltre per chi come me non preferisce la musica liquida, prima o poi ve ne darò ampie motivazioni, è possibile acquistare il relativo cd che viene stampato in tiratura limitata con ogni copia numerata. Fin qui ciò che riguarda l'etichetta in generale mentre relativamente alle produzioni va detto che con quest'ultima, di cui vado a occuparmi si arriva a quota quattro, sono infatti già edite Solitario di Alessandro Fedrigo; Secondo Gradino del Quartetto Terrestre; Idea F del Fazzini Fedrigo XY Quartet. Potete leggerne la recensione su questo blog cliccando sul relativo autore. Live in Brno, registrato nell'inverno 2012 in Cecoslovacchia, vede affiancati due contrabbassisti dal layout espressivo diverso l'uno dall'altro: Fedrigo,vera anima di nusica.org fine compositore, utilizza una chitarra basso, acustica fretless, quindi senza tasti, di cui è acuto cultore, effetti e vocals mentre Gallo, tra i fondatori del collettivo El Gallo Rojo, alterna basso elettrico ed acustico, effetti, flauto, oggetti e giocattoli vari. Entrambi vantano un curriculum di prestigiose collaborazioni e nutrono una comune vena sperimentale sulla quale si ritrovano magnificamente in sintonia malgrado non hanno mai suonato insieme prima di questo live. Inoltre i sue sono accomunati dalla voglia di innovare il rapporto con i propri strumenti, di scoprire ogni possibile sfaccettatura sonora, contaminandone, se risulta utile alla causa, le timbriche attraverso apparecchiature elettroniche. Vogliono insomma scoprire il confine tra suono e rumore e come possano rappresentare insieme una realtà sempre più informatizzata, sempre più dipendente dalla tecnologia, sempre più attaccata da rumori urbani, a volte ossessivi, che sembrano voler soffocare la vocalità naturale dell'essere vivente. Ed è così che le tredici tracce contenute nel cd, alcune delle quali vere e proprie composizioni scritte, altre libere improvvisazioni, tutte originali e tutte firmate dal binomio protagonista, risultano essere un campionario di idee esclusive, di interazioni, in alcuni casi apparentemente spurie o azzardate che invece si rivelano, nei successivi ascolti, intriganti pur se per qualcuno discutibili. Non mancano episodi di natura più lecitamente normale, ma non certo di routine, come “Saturn” dalla struttura ostinata con un interplay fortemente intimo fra i due musicisti o brani dall'ambient sottilmente minimalista, con un incedere sghembo come accade in “Ukolébavka Chrestýš”. E poi il passo lento e claudicante di “Malo Mesto” o “Blues Pro Sebe” il blues che ricorda le atmosfere nebbiose di alcuni album di Tom Waits. Percorsi sonori che si alternano a porzioni abrasive dirompenti, vedi “Opice Na Rameni” o “Prekryti” rumorosa e tecno e “Dávno” dove un campionario di rumori elettronici copre il bisbigliare umano, chissà, forse per testimoniare come la tecnologia sta imbavagliando la comunicazione sociale tra le persone. Questi alcuni aspetti sicuramente importanti e da sottolineare, marcatamente, di un lavoro coraggioso che premia la costanza audace di due musicisti decisi ad affermare l’idea comune di un’ avanguardia non avulsa dalla realtà.



domenica 8 dicembre 2013

Wanderer

Adalberto Ferrari’s LIQ

Zone di Musica
 

Immaginate un viandante che si muove su un ipotetico e surreale pentagramma superandone i confini, vagando nel mare magnum dell’improvvisazione jazz utilizzando un combo strumentale che ingloba fiati, pianoforte e sezione ritmica contrabbasso-batteria. E’ un musicista errante, come lo definisce il clarinettista/sassofonista  Adalberto Ferrari che con il suo LIQ, Los Identities Quartet, formato da Rosario Di Rosa al pianoforte, Paolo Dessi al contrabbasso e Massimo Pintori alla batteria ha inciso sette episodi musicali, quasi una suite, riversati in questa produzione discografica. Wanderer, titolo dell’album, definisce, così come esplicita il suo autore, il soggetto principale di un’ avventura musicale che sorprende fin dal primo ascolto e che coinvolge di volta in volta, nei successivi approcci, rivelando risvolti sempre più fascinosi che tracciano un’identità musicale sicuramente complessa quale è quella di Ferrari. Un musicista che non ama costrizioni stilistiche, che dimostra di possedere estro e fantasia nel comporre e nell’eseguire quelle, che di fatto, sono composizioni articolate con ampi spazi per l’improvvisazione. Quattro di esse portano proprio la firma di Ferrari che ha concepito un album concettuale con un tema musicale primario di base che si annuncia già dalle prime battute della traccia iniziale “Wanderer – Insalata Matta” e che si ripropone reinventato di volta in volta alla fine e all’inizio di tutti gli altri brani. La reinventazione del tema è affidata a turno a ognuno dei quattro componenti che si pongono in solitudine durante la declamazione di questo passaggio. All’interno di ogni brano, invece, l’interattività e l’intensità della performance è debordante e partecipata dall’intero quartetto con un’impennata nelle parti improvvisate. Cambi di tempo, dialoghi a due, si alternano senza pause mettendo in risalto non solo le peculiarità artistiche e tecniche del leader, che sono notevolissime, ma anche la profonda sensibilità interpretativa di Rosario Di Rosa che al pianoforte rivela aspetti forse sottovalutati del suo pianismo. Lo si apprezza nei soli, dove la sua cifra stilistica si dimostra particolarmente pregevole, così come nei contrappunti ed anche come compositore perché “Microtune n.5” tra le composizioni più intriganti dell’album, porta la sua firma. E allo stesso modo si apprezza la forza ritmica e la costanza partecipativa della sezione ritmica, che rivela un raffinato e attento batterista quale è Pintori. Ascoltatelo quando riesce a tracciare con i suoi tamburi il tema base legando la parte finale del primo brano con l’intro della stupenda “Non è Gaia” dove ritroviamo un Ferrari lirico e seducente. E non dimentico Dessi, contrabbassista dal tocco profondo e incisivo, straordinario all’archetto in “Melodies” brano dal riff popolaresco che rilascia, in un breve frammento, umori d’avanguardia in contrapposizione ad un groove jazzistico che da lì a poco sopraggiungerà. Il contrabbassista è poi autore della penultima traccia “Arcipelago Fantasma” brano in continua mutazione di climax, fra tensioni free e sfuggenti armonie. In tutto questo pot-porri si innalza il talento esclusivo di Ferrari che sa essere sorprendentemente dirompente e viscerale così come delicato e struggente e se ne ha una conferma ascoltando la stupenda “Lontano” brano che si sviluppa tutto in crescendo. Wanderer ha girato per qualche giorno sul mio cd-player come unico oggetto d’ascolto e non solo perché dovevo scriverne la recensione ma soprattutto per la sua ricchezza espressiva, per le sue sfaccettature così assortite ma così magnificamente attinenti l’una all’altra. Il musicista viandante, coadiuvato da i suoi compagni di viaggio, ha raggiunto il suo fine perché Wanderer è indiscutibilmente uno dei migliori album di jazz italiano di questo 2013.


giovedì 28 novembre 2013

Piano Sutras

Matthew Shipp

Thirsty Ear


Immenso come sempre il piano solo di Shipp come già accaduto in passato in ognuno delle tante produzioni del pianista americano. Immenso e dilatato per vari latitudini di genere. Tecnicamente passionale e irripetibile, denso di frenesia e di trasporto, alterna cambi di tempo a sottili riflessioni. Ė già dall'iniziale traccia, quella che da il titolo all'album, che si evidenziano questo peculiarità, oppure dall'alienazione quasi drammatica di “Surface The Curve”. Si rischia di rendersi ripetitivi e monotoni a citare ogni brano come a stilare un catalogo. Shipp è un torrente di note che il suo pianoforte restituisce incredibilmente veritiere e reali. Emozioni vibranti di vitalità, riflessioni di stati d'animo e di pensieri. Le sue mani premono sui tasti e rilasciano le elaborazioni sonore di un straordinario musicista capace di esprimere la grandezza della coltraniana “Giants Steps” in poco più di un minuto attraverso una personalissima interpretazione o di passare alla dura e spigolosa “Uncreated Light” con naturalezza e impensabile logicità. Una ragnatela di episodi che si susseguono dispiegando una identità e nel contempo un appropriato divenire che conduce con leggerezza e velocità verso la conclusione delle selezioni. Il tutto non prima d'aver apprezzato l'atmosfera intensa e sottilmente lirica di ”Space Bubble” o gli eloquenti fraseggi di “Nefertiti” di Shorter-riana memoria, fino alla conclusiva, inarrivabile e irriducibile “The Indivisible”. Questo cd è nei fatti un'altra prova superba di un musicista che ha innovato il rapporto con il pianoforte, che ha saputo leggere nella tradizione metabolizzandone i tratti essenziali. Un musicista che in solitudine o in connubio sa sempre distinguersi e rivelarsi in tutta la sua magnificenza di artista.