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domenica 23 febbraio 2014

A Round Goal

Keefe Jackson’s Likely So

Delmark


Il sassofonista, clarinettista, Keefe Jackson è tra gli esponenti più attivi dell’attuale scena creativa del jazz chicagoiano. Molte le sue collaborazioni oltre ai suoi album da leader di cui questo A Round Goal rappresenta la punta di diamante di una produzione sempre e comunque di alto livello. Per questa sua ultima il nostro travalica ogni possibile immaginazione e presenta un ensemble di soli fiati protagonista di una registrazione live datata febbraio 2013, in occasione del Jazzwerkstaff Festival di Berna in Svizzera. Un settetto che vede affiancati a Jackson i chicagoiani: Mars Williams ai sax alto, soprano e sopranino; Dave Rempis ai sax alto e baritono; il polacco: Warclaw Zimpel ai clarinetti; gli svizzeri: Mark Stucki sax tenore, clarinetto basso e harmonium; Peter A. Schmid ai sax baritono, basso e sopranino; Thomas K.J Mejer, contrabbasso e sax sopranino. Per loro undici composizioni originali firmate da Jackson, che uniscono composizione e improvvisazione, attraverso un linguaggio di forte impatto sonoro e sicuramente innovativo. Si inizia con le variegate interazioni di “Overture” ma è il solo di Jackson in “Bridge solo” a farci addentrare nell'ambient più propriamente predominante dell'intero lavoro. Un sound volutamente essenziale senza orpelli accattivanti ma genuinamente espressivo, proiettato nella ossessionante ricerca di una nuova prospettiva che rivaluti le proprietà armoniche di una ben precisa gamma di fiati. Un sound che si fa viscerale e vociante attraverso le note, strappate con forza passionale da Stucki, al suo sax, in “Was ist Kultur” dove in tal modo si contrappone ad un riff ostinato declamato con incessante continuità per tutta la durata del brano. E’ poi in “Pastorale” che il settetto svela il suo risvolto cameristico, non esente da una corposa porzione improvvisativa, che ne caratterizza l'essenza jazzistica, mentre in “There is no language without deceit” risalta il personale, intenso e intrigante contributo di Zimpel ai clarinetti. La conclusiva “Roses” rimarca e sintetizza in poco più di undici minuti, a partire dalla debordante intro del sax di Williams, tutta la consistenza inedita di quest’opera che si delinea come una sorta di componimento sinfonico contemporaneo per soli fiati, intriso di una spiccata componente improvvisativa propria della musica jazz più avanzata. Un cd che si colloca come un documento indispensabile per comprendere l'evoluzione del jazz contemporaneo. 


domenica 27 novembre 2016

Rows and Rows

Keefe Jackson / Jason Adasiewicz

Delmark





Il sassofonista e clarinettista Keefe Jackson, da Fayettevile, in Arkansas, dove è nato, si è trasferito a Chicago nel 2001, di lui ho scritto a proposito di uno dei suoi album di qualche anno fa, A Round Goal, leggetene qui la recensione se ne siete curiosi. Nella città del vento il nostro ha trovato gli stimoli giusti per realizzare i suoi progetti, grazie alle opportune collaborazioni con musicisti come Josh Berman, Dave Rempis, Mike Reed, Jason Roebke, solo per citarne alcuni. Tra questi anche uno dei più rappresentativi vibrafonisti del jazz contemporaneo, ovvero: Jason Adasiewicz. Il frutto della collaborazione in duo, con quest'ultimo, è un album registrato a Chicago nel giugno del 2015. Un album giocato tra scrittura e improvvisazione nell'ambito di nove composizioni originali scritti in massima parte da Jackson e in minor misura da Adasiewicz. L'intento è quello dichiarato senza mezzi termini da i due protagonisti: esplorare le composizioni e da lì generare gli elementi per l'improvvisazione. Quindi nulla di trascendentale e nessun elemento inedito nell'arte di suonare jazz. Eppure quello che ne viene fuori è l'insieme di nove episodi intrisi di pregevoli dialoghi ad iniziare dalla introduttiva “Caballo Ballo” ironica in alcuni frammenti, fatta di batti e ribatti, di fughe e rincorse, di porzioni improvvisate giocate su svariate sfaccettature timbriche. Poi c'è il lirismo incantevole di “A Rose Heading” il brio e le sinuosità di “Swap” gli umori bop della title track, le venature blues di “Putting it On Taking it Off” e tanto altro ancora. Jackson e Adasiewicz viaggiano in perfetta sinergia, si scambiano ruoli e posizioni, si inventano storie sonore intrise di rara bellezza travalicando anche i confini del genere jazz e restituendoci un album di grande levatura e quindi altamente consigliato.