mercoledì 12 marzo 2014

Yuria's Dream

Adasiewicz / Erb / Roebke

Veto


Ho avuto diverse opportunità, in questi ultimi mesi, di ascoltare le produzioni del sassofonista e clarinettista svizzero Christoph Erb, musicista fino a pochi mesi fa a me sconosciuto e che ho scoperto grazie ad un contatto in rete tracciato nei miei confronti dallo stesso. Questo è il quarto cd di cui scrivo fra quelli da lui realizzati, potete leggere le recensioni dei precedenti pubblicate qui, qui e qui, e anche questo è stato inciso al King Size studio di Chicago questa volta in compagnia di Jason Adasiewicz al vibrafono e Jason Roebke al contrabbasso. Cambiano i compagni di scena, come scoprirete se andate a leggere le precedenti recensioni, ma non il gusto di improvvisare e di dialogare senza nessun canone preordinato. Un incontro fra i tre datato novembre 2013 avvenuto naturalmente nella città del vento, un incontro dilatato attraverso una suite, da cui prende nome il cd, della durata di circa 43 minuti. L'intro è, come logico che sia, quasi da studio, un primo contatto per coordinarsi per trovare territori comuni  in cui l'espressività abbia una precisa relazione. A tracciare il percorso è il tenore di Erb con i suoi fraseggi sinuosi, imprevedibili per dinamica e timbrica, a volte al limite dell'udibile, altre volte soffocati o inaspettatamente lirici, contrappuntati dalle pregevole sonorità del vibrafono e puntellati dal contrabbasso. Ma in questa performance dopo i primi otto minuti si incomincia a respirare un'atmosfera diversa dalle precedenti esperienze che mi sono note nella discografia del musicista svizzero. Avverto una piacevole omogeneità sonora, una convergenza spontanea su un layout esente, quasi totalmente, da spigolature abrasive, un andamento sempre più votato all'intreccio dei ruoli da parte dei tre attori unici dell'atto performante. Dopo poco più di un quarto d'ora, dallo start d'avvio, i tre musicisti proseguono con fluidità nello svolgimento della loro attività d'interazione, lasciando subito dopo spazio ad una pausa minimalista affidata a suoni appena pronunciati. Una breve pausa utile a riprendere l'interplay che vede in primo piano sonorità intense che creano atmosfere surreali, con Erb che passa al clarinetto basso, Roebke che impugna l'archetto e Adasiewicz a chiudere il triangolo con le note cromatiche del suo vibrafono. La parte rimanente ci riserverà ancora porzioni minimaliste, dialoghi in qualche momento più intensi tra fiati e vibrafono ma rimarrà intatta quella fluidità e quella leggerezza dialettica che già si avvertiva fin dall'inizio e che rende questa produzione veramente speciale e riuscita. Un plauso sincero ai tre protagonisti.

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